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Riscoprire la spiritualità del Magnificat per un rinnovato impegno politico dei cattolici

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Messaggio  federico.meneghello Lun 13 Mag - 8:22




Ogni volta che si recita il Magnificat, sgorgato dal cuore di Maria in risposta al saluto di Elisabetta, si resta colpiti dalla capacità che ha questa donna, madre della chiesa, di racchiudere ogni dimensione umana nella sua preghiera.
All’inizio celebra la grazia divina, che ha fatto irruzione nel suo cuore e nella sua vita, scegliendola come Madre del Signore. Ma subito la gioia, la lode e il ringraziamento lasciano il piano individuale per farsi esperienza comunitaria, all’interno di una comune storia della salvezza: un disegno di misericordia che si stende di generazione in generazione.
Ed è qui che irrompe la rivelazione dello stile con cui Dio agisce nella storia. «Ha spiegato la potenza... ha disperso i superbi... ha rovesciato i potenti... ha innalzato gli umili... ha ricolmato di beni gli affamati... ha rimandato i ricchi... ha soccorso Israele». La futura mamma di Gesù ci ricorda con parole inequivocabili che Dio si schiera sempre dalla parte degli ultimi. E ci invita a collaborare ad edificare il Regno di Dio: un progetto che è spesso nascosto sotto il terreno opaco delle vicende umane, che vedono trionfare «i superbi, i potenti e i ricchi». Eppure la sua forza segreta è destinata alla fine a svelarsi.
Potremmo dire che Maria, nel Magnificat, ci propone una “spiritualità laicale” che sa coniugare pienamente vita e fede, contemplazione ed azione, dimensione personale e sociale.
La cifra di questa spiritualità sembra essersi rattrappita nelle nostre comunità cristiane. In questi anni le nostre chiese sembrano sempre più ripiegate nei loro problemi interni: la mancanza di preti, le “ristrutturazioni”, le riorganizzazioni amministrative, il bisogno di laici in funzione parzialmente sostitutiva, l’interesse per il fatto religioso inteso in modi sempre più disincarnati, uniti alla delega crescente alle organizzazioni specializzate nel campo della carità e dell’accoglienza.
In particolare sembra quasi assente l’impegno politico, che invece è stato decisivo all’origine della nostra Repubblica. Le ragioni di questo mancato impegno, in particolare nei laici, sembrano varie: non spetta alla comunità cristiana dare indicazioni di voto, ma offrire informazione e formazione per una scelta personale e responsabile; quando non sono in gioco questioni sensibili (aborto, bioetica…) possono coesistere lecitamente tra i credenti opinioni diverse; non è bene prestare il fianco a strumentalizzazioni pro o contro il governo in carica o forze dell’opposizione; non si vogliono riaprire recenti lacerazioni politiche all’interno delle comunità…
Tutte ragioni che hanno un loro “perché”, ma che forse pudicamente anche attenuano una realtà più problematica: l'appannata coscienza civica dei laici cattolici. Il basso profilo tenuto in generale dal laicato in più occasioni dimostra, una volta di più, che c’è una difficoltà crescente a riconoscerci eredi dei Padri nella Costituzione della Repubblica: giovani credenti, che allora hanno saputo incarnare la loro esperienza di fede in un impegno politico responsabile e fecondo.
Oggi sembra spento - scrive in merito Domenico Rosati - “l’orgoglio con cui, originariamente, si vantava una consistenza “cattolica” della Carta, rivendicando la paternità di alcune delle sue proposizioni più incisive e impegnative. La repubblica «fondata sul lavoro» (art. 1) come “invenzione” di Fanfani, la dottrina delle «formazioni sociali» (art. 2) luoghi di crescita della persona, come attribuzione di Dossetti, il principio della pari dignità e del contrasto alla disuguaglianza (art. 3) come mediazione di Moro, la «funzione sociale» della proprietà (art. 42) come lascito di Taviani.” E come dimenticare l’apporto dei padovani, per tutti il nome di Luigi Gui.
Il lavoro di questi laici cristiani non è stato un semplice copia- incolla della dottrina sociale cristiana e del Codice di Camaldoli nelle formule della Carta fondamentale della repubblica. I padri costituenti, piuttosto, hanno compiuto un profondo discernimento comunitario ed un’elaborazione laica, permettendo la convergenza con le altre culture socialiste, comuniste e liberali. Il risultato non è stato un banale compromesso ma una compiuta sintesi politica. Nella nostra Costituzione abita un’inquietudine cristiana, quindi pienamente umana, che ancor oggi ci interroga e in un contesto nuovo ci spinge d’andare oltre, verso inedite e feconde sintesi. Vino nuovo in otri nuovi.
È importante soffermarsi sulle cause storiche della distanza formatasi tra laici cristiani e Costituzione, ma ancor più è urgente riaprire con decisione questo sentiero interrotto. A partire dai cammini formativi di base, che devono concorrere anche alla maturazione di cittadini responsabili e all’incoraggiamento di vocazioni politiche, sicuramente variegate ma animate da una comune tensione spirituale ed etica.
Tutto ciò non è un optional, ma parte integrante del cammino di fede, perché “una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valore, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra. Sebbene il giusto ordine della società e dello Stato sia il compito principale della politica, la Chiesa non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia. Tutti i cristiani, compresi i pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore.” (Evangelii gaudium n.183).
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Messaggio  CristianoCavedon Mar 14 Mag - 8:00

federico.meneghello ha scritto:


Ogni volta che si recita il Magnificat, sgorgato dal cuore di Maria in risposta al saluto di Elisabetta, si resta colpiti dalla capacità che ha questa donna, madre della chiesa, di racchiudere ogni dimensione umana nella sua preghiera.
All’inizio celebra la grazia divina, che ha fatto irruzione nel suo cuore e nella sua vita, scegliendola come Madre del Signore. Ma subito la gioia, la lode e il ringraziamento lasciano il piano individuale per farsi esperienza comunitaria, all’interno di una comune storia della salvezza: un disegno di misericordia che si stende di generazione in generazione.
Ed è qui che irrompe la rivelazione dello stile con cui Dio agisce nella storia. «Ha spiegato la potenza... ha disperso i superbi... ha rovesciato i potenti... ha innalzato gli umili... ha ricolmato di beni gli affamati... ha rimandato i ricchi... ha soccorso Israele». La futura mamma di Gesù ci ricorda con parole inequivocabili che Dio si schiera sempre dalla parte degli ultimi. E ci invita a collaborare ad edificare il Regno di Dio:  un progetto che è spesso nascosto sotto il terreno opaco delle vicende umane, che vedono trionfare «i superbi, i potenti e i ricchi». Eppure la sua forza segreta è destinata alla fine a svelarsi.
Potremmo dire che Maria, nel Magnificat, ci propone una “spiritualità laicale” che sa coniugare pienamente vita e fede, contemplazione ed azione, dimensione personale e sociale.
La cifra di questa spiritualità sembra essersi rattrappita nelle nostre comunità cristiane. In questi anni le nostre chiese sembrano sempre più ripiegate nei loro problemi interni: la mancanza di preti, le “ristrutturazioni”, le riorganizzazioni amministrative, il bisogno di laici in funzione parzialmente sostitutiva, l’interesse per il fatto religioso inteso in modi sempre più disincarnati, uniti alla delega crescente alle organizzazioni specializzate nel campo della carità e dell’accoglienza.
In particolare sembra quasi assente l’impegno politico, che invece è stato decisivo all’origine della nostra  Repubblica. Le ragioni di questo mancato impegno, in particolare nei laici,  sembrano varie: non spetta alla comunità cristiana dare indicazioni di voto, ma offrire informazione e formazione per una scelta personale  e responsabile; quando non sono in gioco questioni sensibili (aborto, bioetica…) possono coesistere lecitamente  tra i credenti opinioni diverse; non è bene prestare il fianco a strumentalizzazioni pro o contro il governo in carica o forze dell’opposizione; non si vogliono riaprire recenti lacerazioni politiche all’interno delle comunità…
Tutte ragioni che hanno un loro “perché”, ma che forse pudicamente anche attenuano una realtà più problematica: l'appannata coscienza civica dei laici cattolici. Il basso profilo tenuto in generale dal laicato in più occasioni dimostra, una volta di più, che c’è una difficoltà crescente a riconoscerci eredi dei Padri nella Costituzione della Repubblica: giovani credenti, che allora hanno saputo incarnare la loro esperienza di fede in un impegno politico responsabile e fecondo.
Oggi sembra spento - scrive in merito Domenico Rosati -  “l’orgoglio con cui, originariamente, si vantava una consistenza “cattolica” della Carta, rivendicando la paternità di alcune delle sue proposizioni più incisive e impegnative. La repubblica «fondata sul lavoro» (art. 1) come “invenzione” di Fanfani, la dottrina delle «formazioni sociali» (art. 2) luoghi di crescita della persona, come attribuzione di Dossetti, il principio della pari dignità e del contrasto alla disuguaglianza (art. 3) come mediazione di Moro, la «funzione sociale» della proprietà (art. 42) come lascito di Taviani.” E come dimenticare l’apporto dei padovani, per tutti il nome di Luigi Gui.
Il lavoro di questi laici cristiani non è stato un semplice copia- incolla della dottrina sociale cristiana e del Codice di Camaldoli nelle formule della Carta fondamentale della repubblica. I padri costituenti, piuttosto, hanno compiuto un profondo discernimento comunitario ed un’elaborazione laica, permettendo la convergenza con le altre culture socialiste, comuniste e liberali. Il risultato non è stato un banale compromesso ma una compiuta sintesi politica. Nella nostra Costituzione  abita un’inquietudine cristiana, quindi pienamente umana, che ancor oggi ci interroga e in un contesto nuovo ci spinge d’andare oltre, verso inedite e feconde sintesi. Vino nuovo in otri nuovi.
È importante soffermarsi sulle cause storiche della distanza formatasi tra laici cristiani e Costituzione, ma ancor più è urgente riaprire con decisione questo sentiero interrotto. A partire dai cammini formativi di base, che devono concorrere anche alla maturazione di cittadini responsabili e all’incoraggiamento di vocazioni politiche, sicuramente variegate ma animate da una comune tensione spirituale ed etica.
Tutto ciò non è un optional, ma parte integrante del cammino di fede, perché “una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valore, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra. Sebbene il giusto ordine della società e dello Stato sia il compito principale della politica, la Chiesa non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia. Tutti i cristiani, compresi i pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore.” (Evangelii gaudium n.183).

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