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Messaggio  Ospite Mar 8 Set - 22:41

Non erano ancora le sei, ma la luce già filtrava nello spiraglio tra le due imposte. Verso mattina avevo aggiunto la seconda coperta ed ora stentavo ad uscire dal calore del mio lettuccio. Ma sentivo la pioggia, il suo profumo ed il gocciolare fitto tra i rami del bosco che circondava la grande casa. Scostai la coperta e con due passi fui difronte alla finestra.
Il legno era freddo e piccole gocce mi bagnavano le mani. Spinsi i balconi che docilmente ruotarono sui cardini, svelando pian piano lo smeraldo del prato, il bruno delle vecchia staccionata ed il buio del bosco scuro in lontananza. Ed una copiosa miriade di aghi azzurri, fitti e paralleli, stendeva tra me e questa meraviglia un denso velo opaco.
Mi soffermai per un breve istante, ma presto riguadagnai il mio giaciglio. La pioggia bagnava la scrivania sotto la finestra, che spalancata sul creato offriva al suo unico spettatore il più maestoso tra gli spettacoli.
Rimasi lì ad attendere il giorno.
Dividevo la stanza con mio nipote di nove anni, mentre dietro al muro a cui appoggiava la testiera del mio letto era la camera di tre ragazzi, che un tempo  erano bambini ma che ormai chiacchieravano di ragazzine, vespe e università. Il corridoio del secondo piano, a circa metà della sua lunghezza, incrociava prima il corridoio principale e poi un secondo corridoio, speculare al nostro. Sui lati di ognuno di questi si affacciavano le porte di dodici stanze che, moltiplicate per il numero dei loro occupanti e per il numero dei piani, portava quest’anno il numero dei partecipanti al campo a più di cinquanta unità.

È  faticoso cambiar casa: dopo otto anni ad Asiago eravamo passati in Cadore. Un posto nuovo, accogliente ma dove non trovi più le tue cose, non hai più il tuo angolo preferito, ti innervosisci, ti distrai e butteresti tutto all’aria. Ci vuole tempo. Pazienza e tempo. E così, un poco per volta apri gli scatoloni, ritrovi le persone care; togli gli imballi e rimuovi quel po’ di polvere dall’anima. E quando tutto è tornato in ordine ti accorgi che l’unica cosa che non è cambiata siamo noi, proprio noi, in un posto nuovo, ma fratelli (in Gesù) come sempre.

Campo Famiglie 2013:“Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”.
Campo Famiglie 2014 “Vivi l’attimo presente”.
Campo Famiglie 2015 “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.
Per ogni Campo una Parola di Vita: una ispirazione ed una settimana di tempo per viverla. Per mettere in pratica e provare in questo piccolo villaggio cristiano, in questa Mariapoli, l'esperienza viva di quella perfetta letizia che ci promette il Vangelo.

“Amerai il prossimo tuo come te stesso”, era dunque la Parola di Vita per quest'anno. Don Battista ci ripeteva con pazienza questa frase: il primo giorno, “amerai il prossimo tuo come te stesso”, mentre le cime del monte spaccavano in due la nuvola bianca; il secondo giorno, “amerai il prossimo tuo come te stesso”, mentre il sole tramontava dietro la grande casa; Il terzo giorno invece no, non la ripeté ma ci fissò per un lungo ed intenso momento: “ma tu come ami te stesso ?”. Chiese. E non ci furono più nubi e non ci fu più tramonto: la domanda preparata, affilata e resa tagliente dai giorni precedenti aveva colto nel segno.  Come posso donare l’amore, come posso insegnare l’amore, come posso volere il bene del mio prossimo se prima non comincio io stesso a sentirmi amato ? E sul fatto che in quel momento stesse parlando dell’amore di Dio per le proprie creature nessuno di noi ebbe il benché minimo dubbio, perché Gesù era li, lo sentivamo, presente in mezzo a noi. Adesso eravamo pronti, ci aveva preparati, era tempo per noi di entrare negli ultimi tre più intensi giorni del nostro campo.      

Massimo


Ultima modifica di massimo.durello il Lun 14 Set - 22:41 - modificato 2 volte.

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Messaggio  don.battista Mer 9 Set - 22:27

[quote="massimo.durello"]Non erano ancora le sei, ma la luce già filtrava nello spiraglio tra le due imposte. Verso mattina avevo aggiunto la seconda coperta ed ora stentavo ad uscire dal calore del mio lettuccio. Ma sentivo la pioggia, il suo profumo ed il gocciolare fitto tra i rami del bosco che circondava la grande casa. Scostai la coperta e con due passi fui difronte alla finestra.
Il legno era freddo e piccole gocce mi bagnavano le mani. Spinsi i balconi che docilmente ruotarono sui cardini, svelando pian piano lo smeraldo del prato, il bruno delle vecchia staccionata ed il buio del bosco scuro in lontananza. Ed una copiosa miriade di aghi azzurri, fitti e paralleli, stendeva tra me e questa meraviglia un denso velo opaco.
Mi soffermai per un breve istante, ma presto riguadagnai il mio giaciglio. La pioggia bagnava la scrivania sotto la finestra, che spalancata sul creato offriva al suo unico spettatore il più maestoso tra gli spettacoli.
Rimasi lì ad attendere il giorno.
Dividevo la stanza con mio nipote di nove anni, mentre dietro al muro a cui appoggiava la testiera del mio letto era la camera di tre ragazzi, che un tempo  erano bambini ma che ormai chiacchieravano di ragazzine, vespe e università. Il corridoio del secondo piano, a circa metà della sua lunghezza, incrociava prima il corridoio principale e poi un secondo corridoio, speculare al nostro. Sui lati di ognuno di questi si affacciavano le porte di dodici stanze che, moltiplicate per il numero dei loro occupanti e per il numero dei piani, portava quest’anno il numero dei partecipanti al campo a più di cinquanta unità.
Abbiamo sempre avuto una campanella per annunciare l’inizio delle attività comuni. Quest’anno avevamo cambiato casa e la campanella qui in Cadore era parecchio più grossa rispetto all'altra della casa di Asiago. Tanto era pesante che i bambini più piccoli riuscivano a sollevarla ma non a farla suonare. Il che, tra l’altro, rappresentava per noi adulti un vantaggio non indifferente.
È  faticoso cambiar casa: non trovi le tue cose, non hai più il tuo angolo preferito, ti innervosisci e butteresti tutto all’aria. Ci vuole tempo. Pazienza e tempo. E così, un poco per volta apri gli scatoloni, ritrovi le persone care; togli gli imballi e rimuovi quel po’ di polvere dall’anima. E quando tutto è tornato in ordine ti accorgi che l’unica cosa che non era mai cambiata siamo noi, proprio noi, in un posto nuovo, ma fratelli (in Gesù) come sempre.

Massimo
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In verità, non si capisce il nesso tra il corpo del testo ( molto gradevole!) e l'ultimo capoverso.... manca qualche riga?
E poi, aggiungerei qualcosa sulla esperienza dello stare insieme e della Parola di Vita.

don.battista

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Messaggio  don.battista Mer 16 Set - 22:39

massimo.durello ha scritto:Non erano ancora le sei, ma la luce già filtrava nello spiraglio tra le due imposte. Verso mattina avevo aggiunto la seconda coperta ed ora stentavo ad uscire dal calore del mio lettuccio. Ma sentivo la pioggia, il suo profumo ed il gocciolare fitto tra i rami del bosco che circondava la grande casa. Scostai la coperta e con due passi fui difronte alla finestra.
Il legno era freddo e piccole gocce mi bagnavano le mani. Spinsi i balconi che docilmente ruotarono sui cardini, svelando pian piano lo smeraldo del prato, il bruno delle vecchia staccionata ed il buio del bosco scuro in lontananza. Ed una copiosa miriade di aghi azzurri, fitti e paralleli, stendeva tra me e questa meraviglia un denso velo opaco.
Mi soffermai per un breve istante, ma presto riguadagnai il mio giaciglio. La pioggia bagnava la scrivania sotto la finestra, che spalancata sul creato offriva al suo unico spettatore il più maestoso tra gli spettacoli.
Rimasi lì ad attendere il giorno.
Dividevo la stanza con mio nipote di nove anni, mentre dietro al muro a cui appoggiava la testiera del mio letto era la camera di tre ragazzi, che un tempo  erano bambini ma che ormai chiacchieravano di ragazzine, vespe e università. Il corridoio del secondo piano, a circa metà della sua lunghezza, incrociava prima il corridoio principale e poi un secondo corridoio, speculare al nostro. Sui lati di ognuno di questi si affacciavano le porte di dodici stanze che, moltiplicate per il numero dei loro occupanti e per il numero dei piani, portava quest’anno il numero dei partecipanti al campo a più di cinquanta unità.

È  faticoso cambiar casa: dopo otto anni ad Asiago eravamo passati in Cadore. Un posto nuovo, accogliente ma dove non trovi più le tue cose, non hai più il tuo angolo preferito, ti innervosisci, ti distrai e butteresti tutto all’aria. Ci vuole tempo. Pazienza e tempo. E così, un poco per volta apri gli scatoloni, ritrovi le persone care; togli gli imballi e rimuovi quel po’ di polvere dall’anima. E quando tutto è tornato in ordine ti accorgi che l’unica cosa che non è cambiata siamo noi, proprio noi, in un posto nuovo, ma fratelli (in Gesù) come sempre.

Campo Famiglie 2013:“Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”.
Campo Famiglie 2014 “Vivi l’attimo presente”.
Campo Famiglie 2015 “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.
Per ogni Campo una Parola di Vita: una ispirazione ed una settimana di tempo per viverla. Per mettere in pratica e provare in questo piccolo villaggio cristiano, in questa Mariapoli, l'esperienza viva di quella perfetta letizia che ci promette il Vangelo.

“Amerai il prossimo tuo come te stesso”, era dunque la Parola di Vita per quest'anno. Don Battista ci ripeteva con pazienza questa frase: il primo giorno, “amerai il prossimo tuo come te stesso”, mentre le cime del monte spaccavano in due la nuvola bianca; il secondo giorno, “amerai il prossimo tuo come te stesso”, mentre il sole tramontava dietro la grande casa; Il terzo giorno invece no, non la ripeté ma ci fissò per un lungo ed intenso momento: “ma tu come ami te stesso ?”. Chiese. E non ci furono più nubi e non ci fu più tramonto: la domanda preparata, affilata e resa tagliente dai giorni precedenti aveva colto nel segno.  Come posso donare l’amore, come posso insegnare l’amore, come posso volere il bene del mio prossimo se prima non comincio io stesso a sentirmi amato ? E sul fatto che in quel momento stesse parlando dell’amore di Dio per le proprie creature nessuno di noi ebbe il benché minimo dubbio, perché Gesù era li, lo sentivamo, presente in mezzo a noi. Adesso eravamo pronti, ci aveva preparati, era tempo per noi di entrare negli ultimi tre più intensi giorni del nostro campo.      

Massimo

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Messaggio  don.battista Mer 16 Set - 22:43

massimo.durello ha scritto:Non erano ancora le sei, ma la luce già filtrava nello spiraglio tra le due imposte. Verso mattina avevo aggiunto la seconda coperta ed ora stentavo ad uscire dal calore del mio lettuccio. Ma sentivo la pioggia, il suo profumo ed il gocciolare fitto tra i rami del bosco che circondava la grande casa. Scostai la coperta e con due passi fui difronte alla finestra.
Il legno era freddo e piccole gocce mi bagnavano le mani. Spinsi i balconi che docilmente ruotarono sui cardini, svelando pian piano lo smeraldo del prato, il bruno delle vecchia staccionata ed il buio del bosco scuro in lontananza. Ed una copiosa miriade di aghi azzurri, fitti e paralleli, stendeva tra me e questa meraviglia un denso velo opaco.
Mi soffermai per un breve istante, ma presto riguadagnai il mio giaciglio. La pioggia bagnava la scrivania sotto la finestra, che spalancata sul creato offriva al suo unico spettatore il più maestoso tra gli spettacoli.
Rimasi lì ad attendere il giorno.
Dividevo la stanza con mio nipote di nove anni, mentre dietro al muro a cui appoggiava la testiera del mio letto era la camera di tre ragazzi, che un tempo  erano bambini ma che ormai chiacchieravano di ragazzine, vespe e università. Il corridoio del secondo piano, a circa metà della sua lunghezza, incrociava prima il corridoio principale e poi un secondo corridoio, speculare al nostro. Sui lati di ognuno di questi si affacciavano le porte di dodici stanze che, moltiplicate per il numero dei loro occupanti e per il numero dei piani, portava quest’anno il numero dei partecipanti al campo a più di cinquanta unità.

È  faticoso cambiar casa: dopo otto anni ad Asiago eravamo passati in Cadore. Un posto nuovo, accogliente ma dove non trovi più le tue cose, non hai più il tuo angolo preferito, ti innervosisci, ti distrai e butteresti tutto all’aria. Ci vuole tempo. Pazienza e tempo. E così, un poco per volta apri gli scatoloni, ritrovi le persone care; togli gli imballi e rimuovi quel po’ di polvere dall’anima. E quando tutto è tornato in ordine ti accorgi che l’unica cosa che non è cambiata siamo noi, proprio noi, in un posto nuovo, ma fratelli (in Gesù) come sempre.

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Per ogni Campo una Parola di Vita: una ispirazione ed una settimana di tempo per viverla. Per mettere in pratica e provare in questo piccolo villaggio cristiano, in questa Mariapoli, l'esperienza viva di quella perfetta letizia che ci promette il Vangelo.

“Amerai il prossimo tuo come te stesso”, era dunque la Parola di Vita per quest'anno. Don Battista ci ripeteva con pazienza questa frase: il primo giorno, “amerai il prossimo tuo come te stesso”, mentre le cime del monte spaccavano in due la nuvola bianca; il secondo giorno, “amerai il prossimo tuo come te stesso”, mentre il sole tramontava dietro la grande casa; Il terzo giorno invece no, non la ripeté ma ci fissò per un lungo ed intenso momento: “ma tu come ami te stesso ?”. Chiese. E non ci furono più nubi e non ci fu più tramonto: la domanda preparata, affilata e resa tagliente dai giorni precedenti aveva colto nel segno.  Come posso donare l’amore, come posso insegnare l’amore, come posso volere il bene del mio prossimo se prima non comincio io stesso a sentirmi amato ? E sul fatto che in quel momento stesse parlando dell’amore di Dio per le proprie creature nessuno di noi ebbe il benché minimo dubbio, perché Gesù era lì, sentivamo che ci amava,
era presente in mezzo a noi. Adesso eravamo pronti, ci aveva preparati, era tempo per noi di entrare negli ultimi tre più intensi giorni del nostro campo.      

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