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Giordania luglio 201

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Messaggio  federico.meneghello Gio 27 Lug - 16:48

Dal desiderio di una “Terra Promessa” all’impegno di costruire il Regno di Dio.
A voler dare un titolo, a posteriori, al nostro pellegrinaggio in terra di Giordania, forse questo potrebbe sintetizzare il percorso fatto da lunedì 3 a sabato 8 luglio.
Sono stati giorni intensi nei quali, oltre a gustare della squisita ospitalità della Giordania e della sua gente, oltre poter visitare luoghi di straordinaria bellezza come Petra e Gerasa, abbiamo potuto vivere un’esperienza di fede attraverso una rinnovata lettura di alcuni testi biblici e un incontro sorprendente con una terra che senza difficoltà anche noi definiremmo “Santa”.
Effettivamente la Giordania è uno di quei luoghi, assieme alla terra d’Israele e la Palestina, considerata per noi cristiani “Terra Santa”: infatti molti degli episodi dell’Antico Testamento come del Vangelo sono ambientati in Giordania. Ma prima di andarci, io stesso, come immagino altri,  facevo fatica a discostarmi dal binomio Terra Santa = Israele. Visitare la Giordania per noi è stato come un aprire gli occhi e riconoscere in quella terra una radice profonda della nostra vita.
Ci ha accolti il Monte Nebo, Luogo dal quale Mosè vede la terra promessa. La terra desiderata e attesa, la terra amata e voluta, la terra che ha animato la sua vita ma che lui non abiterà mai.
Abbiamo avuto modo di considerare il cammino che Mosè aveva effettivamente percorso. Il cammino che nel deserto gli aveva fatto capire come in realtà la terra promessa fosse stata ogni singolo pezzo di terra in cui aveva vissuto: Dio infatti non si era mai allontanato, neanche per un solo istante, dalla sua vita... La nostra terra promessa è quella terra in cui riconosciamo fedele e promovente l'azione di Dio in noi.
Commovente a questo proposito, riflettendo sulla morte di Mosè, un testo che ci ha accompagnato: “Il Signore (al Monte Nebo) chiamò l’anima di Mosè: Esci, non indugiare […] Esci. Io ti farò salire ai cieli più alti, ti metterò sotto il trono della mia maestà, accanto ai Cherubini e ai Serafini. In quell’istante il Santo baciò Mosè e gli raccolse l’anima in un bacio” (Midrashim)
A Petra poi,  in un contesto unico al mondo, nei resti della chiesa bizantina (dove troviamo tracce della più antica vasca battesimale di giordania) ci siamo lasciati provocare dalle mormorazioni del popolo nel deserto e dal veleno dei serpenti. Abbiamo constatato che è più comodo recriminare piuttosto che assumerci la nostra responsabilità per portare avanti le scelte fatte, piuttosto che lottare con i denti per quella libertà che troppo spesso solo a parole desideriamo.
A Wadi Rum un assaggio di deserto. Una manciata di km bastano per entrare in una dimensione particolare tanto suggestiva quanto rude,  poco tempo per cogliere una cosa che sappiamo da sempre - e che troppo spesso trascuriamo - ci sono cose essenziali e ci sono cose inutili!
I nostri deserti, luoghi non appetibili, diventano così momenti necessari per crescere e maturare in ciò che conta davvero.
Gadara e Gerasa (che io prima del viaggio confondevo) due città della "decapoli", al tempo di Gesù zona abitata da non ebrei: interessanti reperti romani nella prima, da lasciare senza parole ciò che si incontra nella seconda. Effettivamente Gerasa è stata una sorpresa ancor più "sorprendente" di Petra: semplicemente non te l'aspetti!
A Gadara l'incontro anche con il Vangelo di Marco: Gesù che sana l'indemoniato mandando in malora duemila porci. I conti non tornano per gli abitanti che ci tengono più agli affari che a riavere tra loro un fratello. Come dar loro torto: gli affari sono affari,  i conti devono tornare appunto. "Il denaro è un personaggio capace di riempire la testa dell’uomo come in una possessione che cancella ogni identità e ogni norma di comportamento civile. Il denaro nell’analisi di uno psichiatra e non di un economista. E in questa invasione di campo si scopre che il denaro è fonte di malattia. Per chi è povero ma anche per chi ha i forzieri pieni. Vite che ruotano intorno ai soldi, al desiderio di possederli, alla paura di perderli: l’ossessione, la dipendenza, l’angoscia, il lutto… si finisce per ridurre una società al denaro come misura del valore non solo delle cose, ma della stessa persona." (V. Andreoli). Scopriamo così, se ce lo fossimo dimenticati, che Gesù è un fine psicologo e che il suo messaggio nel Vangelo è vero perché fa davvero bene alla nostra vita.
Infine Bethany al Giordano. Dove il fiume fa da frontiera tra il deserto e la terra promessa. Nel ricordo del battesimo di Gesù, la memoria di essere stati raggiunti dall’amore di Dio in modo definitivo: il battesimo al Giordano come anticipo di quella morte che raggiunge ogni abisso dell’umanità e dona la possibilità di redenzione. Non attraverso una ritualità correttamente eseguita in un determinato luogo sacro, ma una redenzione che si rende concreta attraverso una vita spesa nel riconoscere un amore, che non si può sperimentare se non riconoscendosi fratelli di ogni altro uomo, costruttori di umanità e promotori di dignità per ogni persona.
A rendere indimenticabile questa esperienza le immagini di un paesaggio essenziale, spesso duro ma mai ostile, il volto delle persone incontrate, segnate dalla sofferenza per una vita non scontata ma illuminate dal sorriso che apre alla speranza. E’ possibile vivere da fratelli tra cristiani e mussulmani. L’abbiamo sperimentato. E’ possibile ospitare milioni di rifugiati ed emigranti economici e credere con forza al futuro. L’abbiamo respirato nel nostro viaggio.
Una nota sui partecipanti al nostro pellegrinaggio, eravamo 38 provenienti dalle parrocchie della nostra Unità Pastorale: se è stata un’esperienza preziosa lo si deve al fatto che ciascuno ha messo del proprio perché ogni appuntamento fosse un bel momento di vita!
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Messaggio  don.battista Gio 27 Lug - 19:10

federico.meneghello ha scritto:Dal desiderio di una “Terra Promessa” all’impegno di costruire il Regno di Dio.
A voler dare un titolo, a posteriori, al nostro pellegrinaggio in terra di Giordania, forse questo potrebbe sintetizzare il percorso fatto da lunedì 3 a sabato 8 luglio.
Sono stati giorni intensi nei quali, oltre a gustare della squisita ospitalità della Giordania e della sua gente, oltre poter visitare luoghi di straordinaria bellezza come Petra e Gerasa, abbiamo potuto vivere un’esperienza di fede attraverso una rinnovata lettura di alcuni testi biblici e un incontro sorprendente con una terra che senza difficoltà anche noi definiremmo “Santa”.
Effettivamente la Giordania è uno di quei luoghi, assieme alla terra d’Israele e la Palestina, considerata per noi cristiani “Terra Santa”: infatti molti degli episodi dell’Antico Testamento come del Vangelo sono ambientati in Giordania. Ma prima di andarci, io stesso, come immagino altri,  facevo fatica a discostarmi dal binomio Terra Santa = Israele. Visitare la Giordania per noi è stato come un aprire gli occhi e riconoscere in quella terra una radice profonda della nostra vita.
Ci ha accolti il Monte Nebo, Luogo dal quale Mosè vede la terra promessa. La terra desiderata e attesa, la terra amata e voluta, la terra che ha animato la sua vita ma che lui non abiterà mai.
Abbiamo avuto modo di considerare il cammino che Mosè aveva effettivamente percorso. Il cammino che nel deserto gli aveva fatto capire come in realtà la terra promessa fosse stata ogni singolo pezzo di terra in cui aveva vissuto: Dio infatti non si era mai allontanato, neanche per un solo istante, dalla sua vita... La nostra terra promessa è quella terra in cui riconosciamo fedele e promovente l'azione di Dio in noi.
Commovente a questo proposito, riflettendo sulla morte di Mosè, un testo che ci ha accompagnato: “Il Signore (al Monte Nebo) chiamò l’anima di Mosè: Esci, non indugiare […] Esci. Io ti farò salire ai cieli più alti, ti metterò sotto il trono della mia maestà, accanto ai Cherubini e ai Serafini. In quell’istante il Santo baciò Mosè e gli raccolse l’anima in un bacio” (Midrashim)
A Petra poi,  in un contesto unico al mondo, nei resti della chiesa bizantina (dove troviamo tracce della più antica vasca battesimale di giordania) ci siamo lasciati provocare dalle mormorazioni del popolo nel deserto e dal veleno dei serpenti. Abbiamo constatato che è più comodo recriminare piuttosto che assumerci la nostra responsabilità per portare avanti le scelte fatte, piuttosto che lottare con i denti per quella libertà che troppo spesso solo a parole desideriamo.
A Wadi Rum un assaggio di deserto. Una manciata di km bastano per entrare in una dimensione particolare tanto suggestiva quanto rude,  poco tempo per cogliere una cosa che sappiamo da sempre - e che troppo spesso trascuriamo - ci sono cose essenziali e ci sono cose inutili!
I nostri deserti, luoghi non appetibili, diventano così momenti necessari per crescere e maturare in ciò che conta davvero.
Gadara e Gerasa (che io prima del viaggio confondevo) due città della "decapoli", al tempo di Gesù zona abitata da non ebrei: interessanti reperti romani nella prima, da lasciare senza parole ciò che si incontra nella seconda. Effettivamente Gerasa è stata una sorpresa ancor più "sorprendente" di Petra: semplicemente non te l'aspetti!
A Gadara l'incontro anche con il Vangelo di Marco: Gesù che sana l'indemoniato mandando in malora duemila porci. I conti non tornano per gli abitanti che ci tengono più agli affari che a riavere tra loro un fratello. Come dar loro torto: gli affari sono affari,  i conti devono tornare appunto. "Il denaro è un personaggio capace di riempire la testa dell’uomo come in una possessione che cancella ogni identità e ogni norma di comportamento civile. Il denaro nell’analisi di uno psichiatra e non di un economista. E in questa invasione di campo si scopre che il denaro è fonte di malattia. Per chi è povero ma anche per chi ha i forzieri pieni. Vite che ruotano intorno ai soldi, al desiderio di possederli, alla paura di perderli: l’ossessione, la dipendenza, l’angoscia, il lutto… si finisce per ridurre una società al denaro come misura del valore non solo delle cose, ma della stessa persona." (V. Andreoli). Scopriamo così, se ce lo fossimo dimenticati, che Gesù è un fine psicologo e che il suo messaggio nel Vangelo è vero perché fa davvero bene alla nostra vita.
Infine Bethany al Giordano. Dove il fiume fa da frontiera tra il deserto e la terra promessa. Nel ricordo del battesimo di Gesù, la memoria di essere stati raggiunti dall’amore di Dio in modo definitivo: il battesimo al Giordano come anticipo di quella morte che raggiunge ogni abisso dell’umanità e dona la possibilità di redenzione. Non attraverso una ritualità correttamente eseguita in un determinato luogo sacro, ma una redenzione che si rende concreta attraverso una vita spesa nel riconoscere un amore, che non si può sperimentare se non riconoscendosi fratelli di ogni altro uomo, costruttori di umanità e promotori di dignità per ogni persona.
A rendere indimenticabile questa esperienza le immagini di un paesaggio essenziale, spesso duro ma mai ostile, il volto delle persone incontrate, segnate dalla sofferenza per una vita non scontata ma illuminate dal sorriso che apre alla speranza. E’ possibile vivere da fratelli tra cristiani e mussulmani. L’abbiamo sperimentato. E’ possibile ospitare milioni di rifugiati ed emigranti economici e credere con forza al futuro. L’abbiamo respirato nel nostro viaggio.
Una nota sui partecipanti al nostro pellegrinaggio, eravamo 38 provenienti dalle parrocchie della nostra Unità Pastorale: se è stata un’esperienza preziosa lo si deve al fatto che ciascuno ha messo del proprio perché ogni appuntamento fosse un bel momento di vita!
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