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Maria nei Vangeli Canonici.

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Messaggio  Ospite Ven 13 Nov - 9:04

Maria nei Vangeli Canonici.
I quattro Vangeli Canonici sono la base del cristianesimo, insieme ad altri libri del Nuovo Testamento, e con l’Antico Testamento compongono le Sacre Scritture. I quattro Vangeli non sono rispettivamente quattro biografie sulla vita di Gesù, ma esprimono il Suo messaggio, narrano la Sua missione, la Sua passione, morte e resurrezione: il centro della Fede cristiana. Rispetto gli innumerevoli Vangeli Apocrifi, che si esprimono in tono spesso fantasmagorico, enfatico, abbondanti nei dettagli, i Canonici appaiono essenziali, sobri, stringati, e sin dagli inizi sono stati scelti dalla Chiesa in quanto libri sacri, attendibili e ispirati. L’arte ha reso famosi gli apocrifi, pensiamo alla scene del Protovangelo di Giacomo, immortalate nella Cappella degli Scrovegni a Padova e in tantissimi altri dipinti. Gli apocrifi con il loro stile ridondante hanno avuto un innegabile influsso anche sul Corano, il libro sacro per la religione islamica. I quattro evangelisti dei Vanheli Canonici sono Giovanni, Matteo, apostoli di Gesù, mentre gli altri due, Marco e Luca, pur contemporanei, non l’avevano conosciuto. Dei quattro, solo Matteo e Luca hanno citato l’infanzia del Messia. Permane un silenzio tra i suoi dodici anni e il tempo della sua vita pubblica. Ovviamente, in tutta questa essenzialità, Maria è poco citata dai Vangeli Canonici. Nel vangelo di Marco, è nominata al capitolo terzo, versetto 31 “Giunsero sua Madre e i suoi fratelli e lo mandarono a chiamare.” A tale avviso, Gesù risponde che la Madre e i “fratelli” sono coloro che fanno la volontà del Padre Suo. Il Messia in questo brano dimostra di relativizzare i legami di sangue, il clan, i gruppi precostituiti, tanto diffusi nella sua epoca e in ogni tempo, che tendono a chiudere l’uomo in una morsa di sterile autosufficienza. Maria si ritira dinnanzi alle parole del figlio, ma accoglie con fede il suo messaggio apparentemente misterioso, e del mistero aveva reso la sua vocazione. Marco fa capire che Gesù non disprezza la Madre, tutt’altro, ma la introduce a pieno titolo in una dimensione universalistica dell’umanità, rendendola il discepolo perfetto, il paradigma dell’essere umano che si abbandona a Lui, senza porsi sterili interrogativi, scevro da razionalismi che rallentano, inceppano il processo salvifico. Nel Vangelo secondo Matteo, capitolo primo versetto 18, viene presentata come Colei che è rimasta incinta dello Spirito Santo. E un Angelo interviene per rassicurare Giuseppe, il suo sposo, il padre putativo del Messia. Nel vangelo di Matteo non appaiono trionfalismi, unioni eccezionali da parata mitologica, semmai il mistero dell’incarnazione ci interpella nella sua essenzialità connettendosi al mistero dell’umano oltre che al divino, un mistero che avvolge “in primis” due giovani e poveri sposi, che vivevano sperduti ai confini di un Impero Romano trionfante e arrogante. Nel “fiat voluntas tua” di entrambi accostiamo le nostre brevi vite, spesso basate su egoismi deliranti, inutili protagonismi, ambizioni effimere, dipendenze da idoli deleteri. E allora Maria, la Madre, e Giuseppe, uomo eccezionale, lontano dagli stereotipi di beceri maschilismi che continuano a infangare l’umanità, diventano per tutti Noi, uomini peccatori, bisognosi di redenzione, modelli da imitare, le prefigurazioni di cristiani perfetti, che sapranno irradiare luce sulle generazioni successive. Nel cristianesimo l’eroismo, la tracotanza della mitologia pagana si tramutano in vita interiore, semmai in martirio ! Dei sinottici, Luca, l’evangelista, è quello che menziona maggiormente Maria, ma è anche colui che pone in evidenza con maggior enfasi la povertà, l’esigenza di una vita radicale. Quel “guai ai ricchi” spicca come un monito scomodo nelle sue “Beatitudini”. Maria, dopo la visita a Elisabetta, è la Maria del Magnificat, “colei che rovescerà i potenti dai troni e invierà a casa i ricchi a mani vuote.” E’ anche la medesima Maria, turbata all’annuncio dell’Angelo. Avrebbe potuto atteggiarsi a visionaria, a diva dello spiritualismo, invece si proclama serva, l’ultima degli ultimi e la Sua grandezza deriva dalla Sua estrema umiltà. Anche il quarto evangelista Giovanni apparentemente non attribuisce una grande attenzione a Maria, ma se per quest’ultimo i miracoli sono segni, Lei del primo segno diviene la promotrice. Nelle nozze di Cana, sarà Lei, la Madre, a esortare il figlio a trasformare l’acqua in vino. Un gesto che presenta un significato rilevante anche da un punto di vista antropologico, considerato che in tali società patriarcali la donna vedova, da schiava del marito, ridiventa proprietà del figlio primogenito. Tale madre invece si rapporta a persona, rispetto al figlio, esprimendo un parere con veemenza. Riappare nella via di Cafarnao con Gesù e i discepoli e infine sulla croce, testimone del sacrificio del Figlio, sua discepola sino all’ultimo, coraggiosa, straziata ma non disperata, noncurante dei soldati romani, icona del dolore, rivolgendo lo sguardo a Giovanni, affidatogli come nuovo figlio, e prototipo di una nuova umanità predisposta a rigenerarsi.

Sante Rodella

Ospite
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Messaggio  don.battista Ven 13 Nov - 23:39

Maria nei Vangeli Canonici.
I quattro Vangeli Canonici sono la base del cristianesimo, insieme ad altri libri del Nuovo Testamento, e con l’Antico Testamento compongono le Sacre Scritture. I quattro Vangeli non sono rispettivamente quattro biografie sulla vita di Gesù, ma esprimono il Suo messaggio, narrano la Sua missione, la Sua passione, morte e resurrezione: il centro della Fede cristiana. Rispetto gli innumerevoli Vangeli Apocrifi, che si esprimono in tono spesso fantasmagorico, enfatico, abbondanti nei dettagli, i Canonici appaiono essenziali, sobri, stringati, e sin dagli inizi sono stati scelti dalla Chiesa in quanto libri sacri, attendibili e ispirati. L’arte ha reso famosi gli apocrifi, pensiamo alla scene del Protovangelo di Giacomo, immortalate nella Cappella degli Scrovegni a Padova e in tantissimi altri dipinti. Gli apocrifi con il loro stile ridondante hanno avuto un innegabile influsso anche sul Corano, il libro sacro per la religione islamica. I quattro evangelisti dei Vangeli Canonici sono Giovanni, Matteo, apostoli di Gesù, mentre gli altri due, Marco e Luca, pur contemporanei, non l’avevano conosciuto. Dei quattro, solo Matteo e Luca hanno citato l’infanzia del Messia. Permane un silenzio tra i suoi dodici anni e il tempo della sua vita pubblica. Ovviamente, in tutta questa essenzialità, Maria è poco citata dai Vangeli Canonici. Nel vangelo di Marco, è nominata al capitolo terzo, versetto 31 “Giunsero sua Madre e i suoi fratelli e lo mandarono a chiamare.” A tale avviso, Gesù risponde che la Madre e i “fratelli” sono coloro che fanno la volontà del Padre Suo. Il Messia in questo brano dimostra di relativizzare i legami di sangue, il clan, i gruppi precostituiti, tanto diffusi nella sua epoca e in ogni tempo, che tendono a chiudere l’uomo in una morsa di sterile autosufficienza. Maria si ritira dinnanzi alle parole del figlio, ma accoglie con fede il suo messaggio apparentemente misterioso, e del mistero aveva reso la sua vocazione. Marco fa capire che Gesù non disprezza la Madre, tutt’altro, ma la introduce a pieno titolo in una dimensione universalistica dell’umanità, rendendola il discepolo perfetto, il paradigma dell’essere umano che si abbandona a Lui, senza porsi sterili interrogativi, scevro da razionalismi che rallentano, inceppano il processo salvifico. Nel Vangelo secondo Matteo, capitolo primo versetto 18, viene presentata come Colei che è rimasta incinta per opera dello Spirito Santo. E un Angelo interviene per rassicurare Giuseppe, il suo sposo, il padre putativo del Messia. Nel vangelo di Matteo non appaiono trionfalismi, unioni eccezionali da parata mitologica, semmai il mistero dell’incarnazione ci interpella nella sua essenzialità connettendosi al mistero dell’umano oltre che al divino, un mistero che avvolge “in primis” due giovani e poveri sposi, che vivevano sperduti ai confini di un Impero Romano trionfante e arrogante. Nel “fiat voluntas tua” di entrambi accostiamo le nostre brevi vite, spesso basate su egoismi deliranti, inutili protagonismi, ambizioni effimere, dipendenze da idoli deleteri. E allora Maria, la Madre, e Giuseppe, uomo eccezionale, lontano dagli stereotipi di beceri maschilismi che continuano a infangare l’umanità, diventano per tutti noi, uomini peccatori, bisognosi di redenzione, modelli da imitare, le prefigurazioni di cristiani perfetti, che sapranno irradiare luce sulle generazioni successive. Nel cristianesimo l’eroismo, la tracotanza della mitologia pagana si tramutano in vita interiore, semmai in martirio ! Dei sinottici, Luca, l’evangelista, è quello che menziona maggiormente Maria, ma è anche colui che pone in evidenza con maggior enfasi la povertà, l’esigenza di una vita radicale. Quel “guai ai ricchi” spicca come un monito scomodo nelle sue “Beatitudini”. Maria, dopo la visita a Elisabetta, è la Maria del Magnificat, “colei che rovescerà i potenti dai troni e invierà a casa i ricchi a mani vuote.” E’ anche la medesima Maria, turbata all’annuncio dell’Angelo. Avrebbe potuto atteggiarsi a visionaria, a diva dello spiritualismo, invece si proclama serva, l’ultima degli ultimi e la Sua grandezza deriva dalla Sua estrema umiltà. Anche il quarto evangelista Giovanni apparentemente non attribuisce una grande attenzione a Maria, ma se per quest’ultimo i miracoli sono segni, Lei del primo segno diviene la promotrice. Nelle nozze di Cana, sarà Lei, la Madre, a esortare il figlio a trasformare l’acqua in vino. Un gesto che presenta un significato rilevante anche da un punto di vista antropologico, considerato che in tali società patriarcali la donna vedova, da schiava del marito, ridiventa proprietà del figlio primogenito. Tale madre invece si rapporta a persona, rispetto al figlio, esprimendo un parere con veemenza. Riappare nella via di Cafarnao con Gesù e i discepoli e infine sulla croce, testimone del sacrificio del Figlio, sua discepola sino all’ ultimo, coraggiosa, straziata ma non disperata, noncurante dei soldati romani, icona del dolore, rivolgendo lo sguardo a Giovanni, affidatogli come nuovo figlio, e prototipo di una nuova umanità predisposta a rigenerarsi.
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