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Messaggio  CristianoCavedon Mar 12 Mar - 9:13

Malattie dell’anima: la mondanità spirituale

Papa Francesco, prima di diventare papa, in una riunione preparatoria al conclave in cui sarebbe stato eletto papa, disse agli altri cardinali come avrebbe dovuto essere il futuro papa, senza pensare che poi sarebbe stato eletto lui stesso.
Negli appunti di quell’intervento si dice che la “mondanità spirituale” è un grave male, anzi il male peggiore in cui può incorrere la Chiesa, come diceva De Lubac (1896-1991), teologo gesuita francese.
Il tema della mondanità spirituale come grave malattia dell’anima e della chiesa viene ripresa più volte da papa Francesco. Ad Assisi (4 ottobre 2013): “La mondanità spirituale uccide l’anima, le persone, la chiesa”. E ancora: “La mondanità ci porta alla vanità, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio…E l’idolatria è il peccato più grave… La mondanità ci fa male”.
E a santa Marta: “Quando la chiesa diventa mondana, quando ha dentro di sé lo spirito del mondo… allora diventa una chiesa debole, … che sarà vinta e incapace di portare proprio il Vangelo, il messaggio della croce, lo scandalo della croce. Non può portarlo avanti se è mondana!” (30 aprile 2013).
Si tratta di un tema ordinario nella vita spirituale, che deriva dalle parole di Gesù: essi non sono del mondo come io non sono del mondo (Gv 17,16).
Tema che spesso non viene considerato, perché caduto un po’ nel dimenticatoio.
Anzi nel nostro mondo si ha la sensazione che per essere aggiornati e al passo coi tempi sia quasi normale aderire allo spirito del mondo. Ma allora ci avviamo su strade lontane dal Vangelo! Il Vangelo è oltre il mondo, sempre più avanti!
Papa Francesco lo ha ripreso nella Evangelii gaudium quando tratta della mondanità spirituale in modo esplicito (EG nn. 93-97).
Ma prima di De Lubac e di papa Francesco, a parlare di mondanità spirituale fu un monaco, un certo Vonier, di origine tedesca, salvatosi dal naufragio della nave Sirio in cui perirono il suo superiore e almeno altre 150 persone. Vonier fu il rifondatore della abbazia inglese di Buckfast. Fu teologo ancora oggi apprezzato in Inghilterra. Per lui la mondanità spirituale parte da un rifiuto ostentato della mondanità materiale. L’uomo di chiesa, vittima delle mondanità spirituali non si compiace di lussi e ricchezze. Può vivere anche in estrema povertà e convincersi di dare esempio di moralità elevata. Ma non si fonda sulla gloria di Dio, bensì sulla propria, trasformandosi in una spiritualità dell’uomo e non di Dio. Un peccato contro lo Spirito, il più grande peccato che può esserci nella chiesa. Una spiritualità senza Dio è la grande tentazione dell’uomo di oggi.
La mondanità spirituale può essere sintetizzata come religiosità delle apparenze o delle rigidità.
Si nasconde dietro apparenze di religiosità.
Non cerca la gloria di Dio, ma la gloria e il benessere umano.
Così anche vari nuovi movimenti religiosi, che, dice papa Francesco, colmano un vuoto lasciato dal razionalismo secolarista, e si presentano o come tendenti al fondamentalismo o come proponenti una spiritualità senza Dio.
Religiosità e movimenti figli del nostro tempo dove il primo posto è dato dalla esteriorità e dall’immediato, dal visibile, veloce, superficiale, provvisorio.
La mondanità spirituale è una tentazione presente nella storia della Chiesa e che ha dato vita a varie categorie di “cristiani senza Cristo”. Quella dei cristiani che «invece di amare la roccia, amano le parole belle, le cose belle» e si rivolgono verso un “dio spray”, un “dio personale”», con atteggiamenti di superficialità e di leggerezza, un Dio che non ponga problemi, un Dio della pace e della quiete dell’anima, non della lotta e della ricerca. Tentazione presente ancora oggi: «cristiani superficiali che credono sì in Dio, ma non in Gesù Cristo. Il Papa li ha definiti «gli gnostici moderni», quelli che cedono alla tentazione di un cristianesimo fluido, non fondato sulla roccia che è Cristo. Non sono cristiani, si mascherano da cristiani, sono schiavi della superficialità, oppure schiavi della rigidità, e soprattutto non sono liberi, perché nella loro vita lo Spirito Santo non trova posto. Ostentano una cura eccessiva della liturgia, della dottrina e del prestigio della chiesa, trasformano la vita della chiesa in vanagloria dietro il fascino delle conquiste sociali e politiche, una attrazione di autostima e di realizzazione autoreferenziale.
Una mondanità spirituale che porta alla guerra tra cristiani, perché più che appartenere alla chiesa intera, essi appartengono a questo o a quel gruppo che si sente differente e speciale.
E’ una sfida cui non si può rispondere con un cristianesimo fatto di devozioni o ipotetiche rivelazioni private, ma con un solido ritorno al Vangelo.

p. Cristiano

CristianoCavedon

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